Come racconta il direttore, sono stati invitati da altri giovani che gestiscono il Grest della parrocchia del duomo locale proprio per mettere su un laboratorio di giornalismo per ragazzi. Iniziativa cui hanno partecipato senza problemi, anzi con entusiasmo. A curare il corso c’è anche uno studente di filosofia, Alessandro Brannetti: ma il prete responsabile del Grest, Michele Valdegamberi, viene a sapere che il ragazzo è sbattezzato. Sentitosi forse scavalcato da giovani parrocchiani troppo aperti e volenterosi per i suoi gusti, ha pensato bene di escludere Alessandro solo perché era venuto a sapere che era sbattezzato. Gli ha chiesto, per conto terzi, di non presentarsi più. Villalternativa ha ritirato la sua presenza dal laboratorio. Ma Brannetti “non ha in alcun modo pubblicizzato in occasione del laboratorio” questa sua scelta, ci tengono a precisare da Villalternativa, e “non ha toccato alcun tipo di argomento legato alla fede o alle scelte personali”. Perché avrebbe dovuto farlo visto che si trattava di un corso di giornalismo?
Il parroco si è difeso così: “Non è una chiusura” perché “la scelta che ha fatto Alessandro è grave”. Anzi, “per me lui è un signor nessuno”, ha rincarato il pio religioso, “siamo aperti verso gli altri, non verso chi fa questa scelta”. Resta da capire chi siano, per il buon cristiano, questi “altri”: forse solo quelli che la pensano come lui o che si prestano a essere placido oggetto di evangelizzazione. Indicativo di come molti parroci sul campo intendano il “dialogo” tanto decantato a parole, anche dei vertici ecclesiastici.
Lo stesso sacerdote è intervenuto tra i commenti all’articolo, dopo che anche diversi parrocchiani gli hanno chiesto spiegazioni. Ha ribadito, a scanso di equivoci, che attività come il Grest hanno una chiara connotazione religiosa e il loro intento è proprio l’evangelizzazione. Dal punto di vista dottrinario ha ragione, il problema è casomai per i suoi parrocchiani più aperti, o per coloro che, seppure non credenti, mandano i propri figli in certi contesti sottovalutando ciò che li aspetta.
Il sacerdote conferma, con una serie di circonlocuzioni teologiche, che la scelta di escludere Alessandro è una forma di esclusione verso lo sbattezzato in quanto tale, perché questi ha compiuto una scelta “formalizzata, adulta, libera e ‘inequivocabile’” “molto grave dal punto di vista della Chiesa” di cui deve assumersi la “responsabilità”. Insomma, è colpa sua. Un modo di fare che ricorda tristemente la scomunica “vitando”, che comportava la marginalizzazione sociale nei confronti di una persona condannata dalla Chiesa, cui i fedeli non dovevano nemmeno avvicinarsi.
Tale comportamento che – ripetiamo – è formalmente corretto dal punto di vista dottrinale, contraddice proprio le rassicurazioni del prete sulla “possibilità di confronto” e sul “contatto con persone che la pensano in maniera diversa”. Visto che l’esclusione c’è stata sebbene nel corso non si parlasse di fede, né dell’opinione religiosa del singolo, forse il timore dello zelante parroco era che dopo aver incontrato uno sbattezzato i suoi fedeli organizzassero un’apostasia di massa? Secondo Valdegamberi, Alessandro avrebbe avuto un ruolo troppo centrale ed esposto nel seminario e i suoi fedeli sarebbero stati troppo ingenui nel farlo entrare in parrocchia.
Anzi, dando prova di una notevole maestria dialettica, il parroco arriva a dare la colpa a Villalternativa per aver “escluso il dialogo”, proprio perché ha raccontato il pasticcio sul web. “Il Vangelo non presenta mai un Gesù buonista come taluni vorrebbero”, chiosa il buon prete facendo riferimento al Nuovo Testamento: siamo perfettamente d’accordo, visto l’approccio esclusivista e dogmatico del cristianesimo. Era proprio il protagonista dei Vangeli d’altronde che diceva “chi non è con me è contro di me” e che spronava i suoi seguaci a troncare tutti i legami con chiunque potesse impedire di seguirlo e adorarlo acriticamente, compresa la famiglia. A parte la spiccata tolleranza del parroco, va detto che se un religioso responsabile dei registri battesimali rivela a terzi che una persona ha chiesto lo sbattezzo — anche interpellando la famiglia — è passibile di denuncia, in quanto viola le norme sulla privacy. Dato che Brannetti non ha parlato della sua condizione, viene da chiedersi chi abbia diffuso la notizia in ambito parrocchiale.
Certo non si può pretendere che chiunque possa entrare in parrocchia, se la sua presenza non è gradita. Liberi di fare come vogliono in casa loro, ci mancherebbe, ma è difficile poi che risulti credibile la retorica sull’accoglienza e la tolleranza. Il problema sorge quando si viene invitati per poi essere esclusi solo per motivi ideologici che nulla hanno a che vedere con l’attività svolta. Non ci pare proprio che Alessandro abbia preteso qualcosa, o abbia voluto fare sfoggio della sua condizione. La reazione è indicativa di una certa ambivalenza, che non stupisce: estrema apertura all’esterno per cercare di infondere il proprio spirito in ogni ambito possibile, con l’intento di condizionarlo, anche usando l’esca del “dialogo” e contando su una rete capillari di associazioni e realtà sul campo; speculare chiusura all’interno per impedire qualsiasi contatto con agenti “estranei” (sebbene innocui) che possano anche solo in teoria contaminarne la purezza.
Se l’andazzo è questo, immaginiamoci i criteri di selezione del personale nelle scuole private cattoliche. Basti considerare solo quelli per gli insegnanti di religione nella scuola pubblica, che hanno bisogno del placet del vescovo che ne attesti la “moralità” per avere l’abilitazione, sebbene siano pagati con i soldi pubblici. O anche al sistema tacito che regna in certe aree, come la Lombardia, dove è difficile ottenere appalti se non si fa parte di una certa congrega religiosa. Il caso di Alessandro è il classico esempio – e temiamo, la punta di un iceberg – di quali storture possa creare l’influenza della visione chiusa della religione nell’associazionismo e nella società civile, quando egemonizza e condiziona i momenti di aggregazione e formazione, o il mondo degli interessi e del pubblico.
Un caso simile accadde qualche anno fa ad Arcisate, in provincia di Varese, ai danni di uno sbattezzato che venne prima invitato dai suoi amici a partecipare alla squadra di calcetto dell’oratorio e poi venne escluso dal parroco perché apostata. Chissà quanti sono costretti a tacere la propria condizione di sbattezzati perché, soprattutto nei piccoli centri e in assenza di alternative, possono solo frequentare la parrocchia per avere una vita sociale. Fenomeno che si vede anche con gli oratori estivi quando mancano altre opzioni laiche, e ulteriormente acuito dalle istituzioni che concedono in appalto servizi a enti religiosamente orientati.
Fonte UAAR
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